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e Lola, ci ridevano; ed Enrico diceva che era una sconvenienza da pazzo. Queste cose deliziavano Giulio; che si fermò nel mezzo di bottega, con il viso ubriaco di godimento.

Ad un tratto, si sentirono suoni di parecchie campane insieme. Era mezzogiorno. Giulio, per esserne più sicuro, escì nella strada; ascoltando. L’orologio municipale batteva le ore, con una cadenza placida; e anche San Cristoforo, la chiesa più vicina alla libreria, in Piazza Tolomei, si dette a suonare. La gente era meno rada, e cominciavano a passare gli impiegati. Allora egli disse, con dolcezza:

— Posso chiudere!

Il Nisard, che doveva andare alla villa presa in affitto fuor di Porta Camollia, lo salutò frettolosamente.

Dopo cinque minuti, l’orologio replico le ore; e a Giulio parve che rispondessero proprio a lui, e fossero saporite e allegre come una leccornia.