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avuta. Lavorava come se avesse potuto riparare a qualche cosa; e si sentiva calmo; ma con una di quelle calme che pesano come il piombo e se ne ha paura; perchè si sa che esse ci costringeranno a qualche tristizia inaudita.

La sera non mangiò niente, e barcollando si gettò subito sul letto. Dormì con un senso di dolcezza che lo affascinava. Poi, rimpianse di essersi destato: in certi casi non si lascerebbe mai il sonno.

Niccolò tentò di parlare con Enrico, ma gli fu impossibile. Uno diceva una cosa e uno un’altra; e nessun dei due pareva disposto a capire quel che dicevano. Enrico sembrava addirittura idiota, quasi inconsapevole della cambiale. Pareva che soltanto a stento ammettesse che era vero; e, alla fine, disse che anche a parlarne non ne ricavavano nessuna utilità. Egli non aveva nè meno aperto la legatoria; e i due o tre operai, saputo del perchè, se n’erano andati. Niccolò avrebbe voluto stare con Giulio; ma questi gli aveva detto di no. Allora, pen-