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chè egli fosse costretto a patire quanto aveva sognato? Perchè, dunque, viveva? Non era incompatibile che vivesse se i suoi occhi vedevano gli stessi scaffali e suo fratello? Non era immorale se egli, forse tra pochi minuti, doveva parlare, come una volta, a Modesta e alle nipoti? A quale fine sarebbe stato così differente a Enrico e anche a Niccolò? Sapeva da sè quello che ormai era: nessuno glie lo avrebbe potuto dire con più asprezza. Ecco perchè le angosce degli altri giorni oggi non tornavano! Ecco perchè sentiva una specie di serenità incerta e nebulosa; ma quasi soave; come se i suoi pensieri si purificassero da sè, a contatto di una misericordia. Disse a Niccolò:
— Io invidio quelli che possono credere.
Niccolò, con un’alterezza violenta, chiese:
— A che?
— A Dio.
Niccolò, non voleva sentirne parlare, e s’impazientì di più.