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fatto!». Ma s’accorgeva che la sua allegria era impacciata e malsicura: pareva che egli non avesse forza. Si sentiva, ora, come un convalescente; che comincia a riconoscere le proprie sensazioni e le trova troppo vecchie e usate. E vuole averle più intense. Ma non tardò molto a confessarsi ripreso in mezzo al disordine delle sue preoccupazioni.

In bottega c’era il Nisard, che parlava con quella voce che viene quando ci si trova tra persone in lutto. Egli non capiva che cosa avessero; ma voleva rendersi gradevole e non far pesare quella specie di giocondità corretta, quasi precisa e convenuta, che era della sua indole; pur senza essere costretto a lasciarla per gli altri.

Giulio, con un cenno, fece capire ai fratelli che la cambiale era stata presa; e si mise alla scrivania, un poco impacciato e incuriosito di quel che parlavano. Soffiò meticolosamente la polvere su la scrivania; quasi toccandola con le guance, per piegare la testa e sogguardare da vicino