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be potuto fare a meno di finire la firma; quasi protetto e scusato dalla certezza della sua bravura. Egli esaminò la firma, da tutte le parti; e la mostrò ai fratelli; che la trovarono perfetta, confrontandola con una vera del Nicchioli. Ma, fatta la firma, bisognava portare la cambiale. E la titubanza cominciava qui. Per portarla, doveva ragionare presso a poco così: «Ormai è fatta, e sarei ridicolo che me ne pentissi e me ne vergognassi. Se è fatta, vuol dire ch’io devo prendere la cambiale e portarla alla banca. A che cosa servirebbe, se no? Sono doventato un ragazzo che non sa quello che deve lambiccare?» Ma quella mattina non ebbe tempo per queste riflessioni, e nè meno per altre più brevi; perchè tanto Niccolò che Enrico gli intimarono:

— Non bisogna perdere più tempo! C’è mezz’ora soltanto! Alzati da sedere!

Egli prese la cambiale ed obbedì. Ma, per la strada, sentiva di perdere quella specie di sicurezza; e camminava sempre più a rilento. Avrebbe potuto torna-