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nella bettola, dove sono stato dianzi. Là ci sono i miei amici.
Il Nisard voleva sgridarlo, ma torse la bocca e lasciò che facesse il suo comodo. Poi, affrettandosi, tornò nella libreria.
Il Corsali diceva cose sciocche e senza senso; credendo fosse suo dovere a mettere bocca. Nè Giulio nè Niccolò lo ascoltavano: Niccolò guardava per tutti i versi la cassapanca e la roba che c’era sopra, come se mancasse qualche cosa. Giulio cercava d’inghiottire la sua amarezza; che gli pareva inverosimile. Il Nisard disse con sdegno affettuoso:
— È andato a giocare.
Soltanto il Corsali gli rispose:
— Quello è il suo posto!
Allora il Nisard dette la mano ai due fratelli, si tolse il cappello al sensale; e se la svignò. I tre rimasti non si parlarono più, per parecchio tempo; alla fine si salutarono e basta.
Enrico tornò al tavolino dove i suoi amici giocavano ancora. Ma, essendo incominciata la partita, egli dovette sedersi