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tore; onde si vide ridotto a dar tutto il suo tempo alla confezione delle tavole, mentre che i due operai impiegati alla tiratura, gli sciupavano inutilmente tanta carta, che Falter disgustato, rinunciò a questo metodo, e riprese la sua antica maniera di stampare la musica sulle lastre metalliche.

Senefelder poco avvezzo a scrivere a rovescio, impiegava molto tempo in quest’esercizio, senza riuscire che a mediocre esecuzione. Cercò di supplirvi, scrivendo su carta nel modo ordinario, con una materia formata di sanguigna e di gomma. Poi ne tirava una contro-prova su pietra, e seguiva la traccia segnata, coll’inchiostro di cui si serviva ordinariamente. Più in là pensò di scrivere coll’inchiostro grasso sulla carta preparata con gomma, o colla d’amido, e trasportare lo scritto su pietra. Mentre si provava in questi saggi, accadde un giorno che passando la sua carta scritta e preparata, in un vaso d’acqua su cui galleggiavano alcune goccie d’olio, osservò che l’olio s’attaccava soltanto allo scritto, lasciando intatto il resto della carta. Quest’osservazione gl’inspirò l’idea di provare se il medesimo effetto si sarebbe operato sull’inchiostro di stampa. Intrise un folio di libro nell’acqua di gomma, lo distese su d’una pietra, e col mezzo d’una spugna vi passò su dell’inchiostro di stampa molto dilungato. Questo non lasciò traccia che sui caratteri, senza aderire alla carta stessa che rimase intatta. Luigi vi sovrappose un foglio bianco, sottomise il tutto alla pressione, e ottenne così una controprova bastantemente pura del foglio stampato. Questa riuscita gli fece nascere l’idea di stampare per mezzo della carta, ma stanco della poca tenacità di questa sostanza, provò se lo stesso effetto non si riprodurrebbe sulla pietra. Presane dunque una ben liscia, vi fece una traccia con un pezzo di sapone, sulla traccia versò alcune goccie d’acqua gommosa che si stesero sulla pietra. Allora vi passò sopra una spugna pregna di colore ad olio e s’avvide che la traccia fatta col sapone erasi colorita, mentre il rimanente della pietra era rimasta vergine di tinta. Questo fu che lo condusse più tardi a servirsi di matite composte d’un sapone annerito, e reso solido coll’addizione d’altre sostanze. Soddisfatto di questo primo saggio, ne volle tentare un altro, e fu di scrivere sulla pietra coll’inchiostro grasso, ma s’accorse che i tratti tendevano a dilatarsi. Sino allora aveva ingrassato le sue pietre con dell’acqua di sapone, per scrivervi con facilità maggiore. Rifece il secondo saggio avendo ricorso a questo andamento, dopo di che si servi d’un acido assai debole per portar via il grasso ancor aderente alla pietra. Ciò fatto, coperse la pietra con uno strato di gomma liquida, e la prova riuscì giusta i suoi desideri. È a quest’epoca (1798), che bisogna far risalire l’origine della litografia propriamente detta, imperocchè Senefelder veniva realmente di scuoprire, con questa importante modificazione ai suoi primi lavori, l’arte stupenda che lasciò al