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di Monaco, si arruolò successivamente in parecchie compagnie provinciali, ma in capo a due anni, disgustato d’una carriera in cui doveva comprare con mille traversie e disinganni qualche applauso effimero e senza gloria, si ridedicò unicamente alla letteratura drammatica. Parvero le sue opere, Matilde d’Altejistein, il fratello d’America, i Goti in Oriente. Le due prime furono stampate, per così dire, sotto i suoi occhi, e così ebbe campo d’ammaestrarsi nell’arte tipografica. Avendo più tardi incontrato delle difficoltà per pubblicare altre composizioni, concepì l’idea che può parer singolare, di stamparle esso stesso, quantunque non avesse per ciò nè il materiale necessario, nè il danaro per procurarselo.

Il suo genio inventivo gli suggerì parecchi mezzi per raggiungere la meta, e la sua inalterabile pazienza gli fu di gran soccorso in tal momento. La prima idea fu d’incidersi dei tipi d’acciaio in rilievo che gli servissero a battere in incavo le sue pagine, ma non avendo nè gli strumenti necessari, nè la perizia voluta a incidere questi tipi, dovette rinunciarvi. Allora provossi a disegnare dei caratteri in una pasta molle e di versarvi della cera lacca per formarne quanti ne aveva d’uopo. Questa specie di stereotipia gli riuscì abbastanza bene-, ma si vide arenato nei suoi saggi, manco di denaro per fondere i caratteri necessari a comporre un foglio intero. Ove Senefelder avesse avuto qualche fiorino di più, si sarebbe probabilmente limitato a perfezionare quest’idea

invenzione ingrata, tanto che non si fosse rivolto ad una materia più

consistente. Gli bisognarono le più dure prove della miseria per giungere alla Litografia, che gli meritò quella riconoscenza dei posteri, a cui non avrebbe certo avuto diritto persistendo nella carriera letteraria.

Costretto di rinunciare al suo primo metodo, Luigi provossi di scrivere al rovescio, per mezzo di una penna d’acciaio, su d’una tavola di rame coperta della vernice degl’incisori. Tuttavolta il prezzo del rame, molto al disopra delle sue grame risorse, non gli aveva concesso di comprarsene che una, e questa diminuendo di spessore ad ogni prova, minacciava di non bastare al corso dei suoi tentativi. Luigi trovavasi un’altra volta forzato a rinunciare al suo caro progetto, se non trovava una materia che potesse rimpiazzare il rame, e il di cui prezzo fosse a portata della sua condizione pecuniaria, unico e vero ostacolo a tutti i suoi calcoli.

A Monaco, tutti i corridoi sono selciati con pietre di Solenhofen. Essendosene trovate alcune a portata di Senefelder, egli osservò che la loro superficie era altrettanto unita che quella del rame, cosa che gli fe’ nascer l’idea di servirsene nei suoi esercizi di scrittura a rovescio, per non ripigliare il rame che quando fosse stato in grado di non sciuparlo inutilmente. Un giorno ch’egli era intento a questo esercizio, arriva la lavandaia: non trovando un