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l'invenzione della litografia, ed aggiungere degli ostacoli al coscienzoso scrittore che vorrebbe studiare tutti i documenti per giungere alla scoperta della verità.
«Una sera del XV secolo, si legge in troppi libri, il dottor Faust calcava la strada di Weimar. Un viaggiatore a cavallo lo precedeva. I ferri dell’animale lasciavano nella terra umida ma compatta le impronte dei chiodi, pure e regolari. — Il Dottor Faust le vide: il giorno appresso la Stampa era scoperta».
«Una sera del secolo XVIII, Luigi Senefelder, corista al teatro di Monaco, rientrava nella sua cameretta. Aveva in mano tre cose: una pietra da rasoio nuova; un buono per andare a riscuotere il suo onorario; un sigillo umido, perchè a fine di rendersi grato al suo direttore, era lui che faceva alle contro marche il piccol segno che varia ad ogni rappresentazione. La stanza di Senefelder era mal chiusa. Appena aveva messo sul camino il buono, che volò via e andò cadere in ua bacino d’acqua. Il corista riprese la polizza, l'asciugò, la ripose sul camino, e vi pose sopra la pietra, affinchè il vento non gliel’involasse più. Ora l’impronta nera d’inchiostro, aveva per caso toccato la pietra del rasoio. La macchia lasciata sulla pietra per questo contatto, si trovò riprodotta il domani con ammirevole precisione sull’umida carta. Luigi Senefelder osservò la cosa, e la Litografia era trovata».
Il lettore non s’aspetta, credo, che io voglia qui ricominciare tutte le storie più o meno fantastiche, che si raccontarono sull’origine della litografia. Il fin qui scritto basterà per far vedere quanto poca cura della verità prendano certi autori che attingono ad una fonte immaginaria spesso poco felice. Qui, per esempio, il racconto contiene certi gravi errori che sarebbe stato facilissimo evitare, e che svelano l’infedeltà della storiella a chi fosse tentato di prenderla sul serio. Così non trovansi camini, ma stufe nelle sale di Monaco, e a più forte ragione nelle soffitte; le persone poi che s’occupano dell’arte di cui si tratta in questo libro, sanno benissimo che la pietra molare, molto diversa nella sua chimica composizione dalla pietra litografica, non potrebbe riprodurre impronta di sorta. D’altra parte le invenzioni non si fanno così facilmente nè sì presto che certi scrittori suppongono, e se il caso c’entra, ha avuto ragione di dire Pascal, che questi casi non accadono che agli uomini d’ingegno.
Esiste ancora sulla scoperta di Senefelder un’altra versione, ancora più romantica, ma non più esatta; io la trascrivo pertanto, perchè trovò credito presso molte persone, nel luogo stesso della scoperta, dove non è forse interamente dimenticata.
«Il padre di Senefelder era stato attore al teatro di Monaco. Dopo morto, non rimaneva alla vedova che una meschina pensione, ch’era lungi dal sopperire ai bisogni della sua numerosa famiglia.