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330 Arte romana.

parve agli antichi, rivelarsi nella bellezza esterna, bensì più viva rifulgere quando una bell’anima viveva in un corpo vile e deforme. La scultura dell’arte cristiana perdette quindi il pregio che viene dall’amore sentito per la forma, e quasi ne fu abbandonato l’esercizio, giacchè per l’ornamentazione delle chiese si diede preferenza alla pittura e al grande musaico1.


C. — Pittura.


La pittura dell’ultima età classica non ci ha lasciato di sè documenti; cosicchè dalle pitture pompeiane passiamo ai dipinti delle catacombe, i quali nell’esecuzione e in certi elementi decorativi sono ancòra prodotti dell’arte classica, ma per il contenuto della rappresentazione sono documenti dell’arte cristiana. Assunta poi la pittura alla piena luce della basilica, perdette ogni memoria dell’antica tradizione artistica, e si trasmutò in quello stile secco e severo, a cui si estende, sebbene non propriamente, l’epiteto di bisantino. L’arte classica però non giacque spenta; risorse, e col suo rinascimento portò a nuova grandezza l’arte in Italia2.

  1. Cfr. C. F. Mazzanti, La scultura ornamentale romana nei bassi tempi, in Archivio Storico dell’arte, s. II, anno II, fasc. 1 e 2 p. 33 e segg.; fasc. 3, p. 161-185.
  2. Tutto questo periodo dell’arte in Italia, che dalla decadenza dell’arte perfetta in Roma si estende fino al Rinascimento, è ora trattato egregiamente dall’illustre prof. Venturi nel suo recentissimo libro La Storia dell’arte in Italia (Milano Hoepli, 1901), di cui è uscito il primo volume, che giunge fino a Giustiniano, opera ricca di tavole e di illustrazioni. Sono già in corso di stampa il secondo volume, che tratterà del periodo Dal tempo dei Longobardi all’inizio dello stile nazionale, e il terzo: Dal secolo XIII alla fine del Trecento.