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Pittura. 309

quadri, in questo tempo fosse trascurata in confronto della pittura decorativa, richiesta dal lusso delle case e della vita, ed a cui ben rispondeva la scenografia, pittura di prospettive con certo carattere fantastico, quale ancora si vede in alcuno dei dipinti pompeiani.


III. I dipinti celebri a noi rimasti.

1. Le Nozze Aldobrandine. — Non molti, ma però scelti sono i dipinti che i monumenti ci hanno lasciato per giudicare della pittura in Roma. Fra questi tiene primo luogo il fresco conosciuto col nome di Nozze Aldobrandine, rinvenuto in Roma nell’anno 1606, posseduto prima dal cardinale Cinzio Aldobrandi, ed ora conservato in Vaticano (ved. Atl. cit., tav. LXXII). Rappresenta i preparativi d’un ricco maritaggio, secondo il costume greco, e forse il dipinto è copia od imitazione di alcuna famosa opera greca non pervenuta fino a noi, come parrebbe far credere l’analogia fra la composizione dell’affresco e quella d’un basso rilievo sopra un’ara di Villa Albani rappresentante l’unione di Dioniso e Cora.

2. I dipinti delle terme di Tito. — Sono questi dipinti murali molto distinti che pare siano avanzi ancora intatti delle stanze della domus aurea di Nerone, con motivi ornamentali di festoni, meandri, intrecciamenti, dai quali dicesi che Raffaello togliesse il concetto dei bellissimi suoi fregi scoperti nelle Logge Vaticane. Buoni esempi di composizioni di soggetto mitologico, chiuse dentro riquadri architettonici ornamentali con intrecci di festoni e di fiorami, si hanno nelle stanze sul Palatino scoperte nell’anno 18691.

  1. Léon Renier-Perrot, Les peintures du Palatin, in Rev. Ar-