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256 | Arte romana. |
dorature, marmi e materie preziose erano a profusione1. Ma tanta magnificenza non è veramente per sè sola una prova del valore dell’arte; e Nerone, che si vantava artista, forse lo era di cattivo gusto; più che al bello egli intendeva allo sfarzoso, allo straordinario, all’inverosimile.
IV. I monumenti degli imperatori della «gens Flavia».
1. L’Anfiteatro Flavio o «Colosseo». — La sua struttura. — Il grande monumento dei Flavi è l’anfiteatro che eternò il loro nome. Si dice che Augusto avesse disegnato la costruzione nell’interno della città di un grande edifizio per gli spettacoli dei gladiatori e delle belve, la cui feroce passione cresceva in Roma e in Italia. Anfiteatri già avevano le città italiche e provinciali, o temporanei di legno, o stabili di pietra. Un anfiteatro di legno ruinò a Fidene, imperando Tiberio, e vi furono tra morti e feriti ventimila spettatori. Il pensiero di dare a Roma un grande anfiteatro fu rinnovato, ma non eseguito da Caligola. L’anfiteatro di Statilio Tauro erasi incendiato sotto Nerone. Vespasiano, ritornando al disegno d’Augusto, pose i fondamenti della grande opera a sud-est del Foro romano, nella bassura fra il Celio e l’Esquilino, dov’era un laghetto dei giardini di Nerone. L’opera fu compita da Tito nell’anno 80 d. C.; si disse l’Anfiteatro Flavio; il nome di Colosseo gli venne, pare, verso il secolo VIII, dalla colossale statua di Nerone che vi si trovava vicina.