Pagina:Trattato di archeologia (Gentile).djvu/304

246 Arte romana.


b. Storia delle vicende del tempio. — Dagli antichi ammirato come una delle più grandi costruzioni, il tempio d’Agrippa ha resistito all’opera distruttrice del tempo e degli uomini. Soffrì danni nel grande incendio del tempo dell’imperatore Tito; Domiziano lo restorò; percosso dal fulmine, regnante Trajano, ne riparò i danni Adriano. Nuove ristorazioni vi fecero Settimio Severo e Caracalla, come dice l’inscrizione soggiunta a quella d’Agrippa. Nell’anno 399 per la legge d’Onorio contro i templi pagani forse fu chiuso. Bonifazio IV nell’anno 609 lo consacrò al culto cristiano, intitolandolo a S. Maria ad martyres, perchè vi fu portata quantità d’ossa di martiri o credute tali, tolte dalle catacombe. Incominciarono poi le opere di spogliazione: Costante II, imperatore d’Oriente, nell’anno 663 saccheggiò Roma e fece togliere la copertura di bronzo dal Pantheon, che più tardi e a più riprese fu coperto di piombo. Urbano VIII Barberini nell’anno 1632 fece levare le travature di bronzo del pronao; quel metallo servì a formar le colonne coclidi dell’altare di S. Pietro, e ottanta pezzi d’artiglieria con cui fu guernito Castel S. Angelo1. Altri pontefici però cercarono di riparare ai guasti. Raffaello Sanzio ordinò nel testamento che a sue spese si ristorasse e s’abbellisse uno degli altari, scegliendolo come sua sepoltura, dove fu deposto il 6 di aprile dell’anno 1520. Col re dell’arte moderna riposano ivi Annibale Caracci, Pierin del Vaga, Giovanni d’Udine, ed altri

  1. Da questo fatto della fusione del bronzo per i pezzi d’artiglieria sorse il proverbio: Quod non fecerunt barbari fecerunt Barberini. I due piccoli campanili laterali che stettero un pezzo alla disapprovazione di tutti erano stati posti dal Bernini per ordine dello stesso papa Urbano VIII, ed erano detti gli orecchioni del Bernini.