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222 | Arte romana. |
tombe di Preneste, diede nome alle ciste Prenestine; se ne noverano ben settantacinque. Come già s’è accennato, queste ciste sono vasi, o cofanetti di forma cilindrica, e talvolta anche ovali, fatti di bronzo, d’argento, o di bronzo con rivestitura d’una lamina d’argento, od anche infine d’una lamina di legno rivestita di metallo od anche di cuoio; muniti di coperchio con manico e sostenuti da tre peduncoli; quasi sempre forniti di catenelle per chiudere il cofanetto e portarlo. Vi si trovano specchi, strigili, balsamarî, aghi crinali, pettini, suppellettili di toletta. Il corpo della cista è ornato di disegni, graffiti nel metallo, come sugli specchi etruschi. Strano è che nel corpo del cofanetto così istoriato sono infìssi di solito quattro o sei, ma talvolta fino ad otto o dodici anelli da tenere le catenelle, ma che, così disposti, spezzano e guastano il disegno. Sarebbero posteriori aggiunzioni?
I disegni di queste ciste hanno in generale un valore artistico assai ristretto, sono di carattere italico, cui manca il vivo spirito estetico greco; si ascrivono ad un’età non posteriore alla metà del VI secolo di Roma.
Per rilevare il posto che occupa la cista Ficoroni nella storia della plastica bisogna studiare le tre piccole figure con forme tozze e grossolane di stile italico formanti il manichetto, mentre sul corpo della cista sono disegni di ottimo stile greco, rappresentanti favole greche, quale l’approdar degli Argonauti alle spiaggie di Bitinia: abbiamo nella Cista Ficoroni, pertanto, due indizi di diverso indirizzo dell’arte in Italia: uno stile greco ed uno stile nazionale; doppio stile che appare spesso manifesto anche in monumenti dell’arte etrusca (ved. tav. 34).
Novios Plautios, greco, od osco di Capua, liberto