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220 Arte romana.

zione del tempio Capitolino, fu opera etrusca. Mancò ai Latini la creatrice potenza fantastica dei Greci, presso i quali, nella fantasia dei poeti e nella mente popolare il tipo divino, nelle varie sue attribuzioni, si formò e si porse bello all’arte figurativa. Se stiamo alle più antiche indicazioni di opere plastiche menzionate nelle fonti letterarie, troviamo già nell’età più antica opere di plastica raffiguranti persone e tipi individuali; la qual cosa sembra conforme allo spirito romano pratico anche nell’arte figurativa, e dà prova che quelle opere, o almeno l’arte che le compiva, non erano nate dal processo formativo dell’arte popolare, ma bensì erano prodotti di una nazione che l’arte già aveva bene sviluppata, cioè degli Etruschi. Tali opere non si possono ascrivere ai tempi a cui la tradizione le riferisce, ma da queste la tradizione fa incominciare l’arte plastica romana. Nessuno penserà di porre fra le opere dell’arte primitiva di Roma le statue d’Evandro, di Giano, di Romolo, di Tazio, di Numa, d’Anco Marzio, di Atto Navio, di Giunio Bruto, di Orazio, di Porsenna, e quella equestre di Clelia, ricordate da Dionigi, da Livio, da Plinio e da altri scrittori, statue certamente esistite e dagli scrittori vedute, ma opere di tempi posteriori.

L’arte figurativa per lungo periodo dell’antica età romana fu esercitata assai scarsamente. Mancò a Roma una religione che fosse come la greca un ricco centro poetico ed estetico. Le divinità propriamente italiche espresse nella statuaria sono poche, molte invece quelle italiche o romane grecizzate, e le divinità veramente greche introdotte in Roma. E l’insinuarsi del mito greco in Roma diveniva esso pure un mezzo efficace all’introduzione dell’arte greca. L’arte figurativa romana si