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Osservazioni generali. | 193 |
perfezione, e si pensi ciò che quel popolo ancor rude sia per risentirne. Le sue facoltà congenite, ma ancora incerte sono sopraffatte, e in loro luogo cresce e vigoreggia uno spirito nuovo, che in Roma fu l’ellenismo, il quale, dopo aver estesa la sua efficacia nel mondo orientale, ora conquista l’Occidente, e nella potenza romana, non che essere da essa spento, trova una forza che lo porta a nuova vita, a più larga diffusione.
Chi primo desta la vita letteraria romana è un greco, Livio Andronico, venuto a Taranto (a. 240 a. C.), che diede ai Romani una versione in versi saturni dell’Odissea, ed una prima azione drammatica di soggetto e di forma greca. Per impulso greco nasceva la poesia romana; Ennio impersona l’invadere della coltura greca nel Lazio, egli che in sè credeva trasmigrata l’anima d’Omero e ambiva di diventare l’Omero latino.
Al tempo della seconda guerra punica le greche muse a volo spiegato entrano nella bellicosa città di Romolo, secondo la bella imagine di Licinio nel distico citato da Aulio Gellio1. Il cittadino romano riconosceva il primato artistico della gente ellenica, e davanti a tanto splendore di civiltà confessava sè stesso rude ed agreste, e da quella civiltà richiamava gli inizi della propria, della Grecia, dicendosi fiero vincitore con l’armi, ma discepolo con lo spirito2. Ma a questa lodevole quiescienza accompagnava un chiaro e profondo sentimento della propria missione nel mondo, cioè l’unificazione delle genti nell’ordine di un forte e grande impero. Il diverso destino proposto alla nazione