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192 | Arte romana. |
Roma, fatta sicura contro gli assalti dei popoli più vicini al suo territorio, volgevasi un po’ più lontano alle guerre coi Sanniti, alle prime relazioni coi popoli della Magna Grecia; ma era lungi dall’avere uno scrittore od un artista. La Grecia aveva ormai dato il meglio delle sue forze produttrici, già da lungo aveva trapassato il culmine del suo salire, e volgendo alla discesa ripensava e ripeteva sè stessa, quando Roma, compita la conquista d’Italia (266 av. C.), aggiuntasi la Sicilia (241 av. C.), legava le prime dirette sue relazioni con la Grecia propria. Nell’immediato contatto con la civiltà greca lo spirito romano fu interamente vinto e soggiogato.
Roma, che per più di sei secoli della sua esistenza non aveva avuto letteratura nè arte, o almeno avevale appena in germe, in facoltà ancòra latenti, fu allora commossa di spirito artistico, che penetrava nello spirito per esterno impulso. Quando nella conquista d’Italia i Romani venivano in relazione con le greche città del mezzodì, ammiravano, essi ancor rudi, le splendide opere d’arte per le quali quelle città erano ricche e belle. La presa di Taranto, e poi le legioni portate in Sicilia al tempo della prima guerra punica, le relazioni con la Grecia nel tempo della guerra illirica e dell’annibalica, la presa di Siracusa, città regina del mondo ellenico occidentale, resero i Romani sempre più familiari con la civiltà greca. Una nazione cui ancòra manchino letteratura ed arte, nuova allo studio del bel dire e della filosofia, nuova alla rappresentazione delle belle forme, la s’immagini messa in repentino contatto con l’altra nazione, che in tutto il dominio dell’arte, nella parola, nella musica, nella ritmica, nel disegno, nella plastica aveva toccato, anzi valicato il sommo della