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Osservazioni generali. 189

lenti, cosicchè quelle o stettero latenti od ebbero un lento sviluppo; e quando per condizione interna di maturità e per favore d’esterne circostanze poterono fiorire, allora vennero arrestate e sopraffatte da irresistibili influenze di un popolo che l’arte aveva portato alla massima esplicazione; come avviene d’un ruscello che, dopo lungo corso, alimentato per altri rivoli accolti, sta per divenire corrente, s’incontra in un maggior corso d’acqua, in quello immette e vi si confonde.

Mentre in Grecia nella più antica età la poesia è già meravigliosamente sviluppata con l’epica, e prepara la via all’arte figurativa con la chiara percezione delle imagini divine e dei tipi eroici, in Roma invece trascorre assai lungo spazio di sua storia prima che una poesia s’addimostri formata con chiara intelligenza di tipi e d’imagini, prima che le divinità cessino d’essere una confusa astrazione e con plastica evidenza diventino fonte d’ispirazione all’arte. Roma dai primi suoi tempi fino al VI secolo, tutta intenta a difendere l’indipendenza sua ed a svolgere gli interni suoi ordinamenti, non ha sviluppo e progresso d’arte. Con l’attività assorbita nella vita pratica, con lo spirito inteso all’utile ed alla realtà del momento, senza slancio verso l’idealità, senza vivace movimento del pensiero nelle imagini, il popolo romano rimane, per il rispetto artistico, in condizione inerte, passiva, pronto al ricevere, ma non già a produrre spontaneamente e con originalità di concetti. E le cause di questo? Se si sta alla leggenda delle origini, che dev’essere vera, altrimenti l’orgoglio patrio degli storici l’avrebbe negata, l’accozzo di elementi diversi, discordi, con tradizioni, credenze ed usi non fusi da tempo insieme impediva uno stato di vita propenso a ciò che è il fine d’ogni civiltà, il culto dell’arte.