Pagina:Trattato di archeologia (Gentile).djvu/183


Plastica. 133

quali recentemente s’era creduto trovare documento storico nel nome dei Thursana, o Tirseni, o Tirreni, letto sopra monumenti egizi, ricordanti le imprese di Menepthah I, figlio di Ramesse II, della XIX dinastia (secolo XV-XIV a. C.). Ma quest’affermazione, accolta con favore in prima, oggi da nuovo esame della critica viene confutata ed esclusa. Del resto non si tratta di relazioni dell’Etruria con l’Egitto, ma piuttosto coi popoli orientali in genere. Di relazioni dell’arte, anzi della vita etrusca coll’orientale, i segni e le prove non mancano. Troviamo analogie di stile, di soggetti rappresentati, ed anche oggetti identici a quelli orientali, deposti nelle tombe etrusche, quali scarabei ed idoletti egizî, ed ova di struzzo graffite e dipinte, vasetti unguentari od alabastri con caratteri geroglifici, e l’uso funebre dei canòpi e delle maschere (ved. tav. 30).

La presenza di questi oggetti è conseguenza non di relazioni dirette, ma d’importazioni commerciali per parte dei Fenici, i quali comperavano nelle città litoranee d’Egitto articoli egiziani e li spargevano per le città del Mediterraneo. I Fenici poi avevano anche una propria produzione d’arte industriale, ma senza un loro proprio stile, lavorando e riproducendo per imitazione gli oggetti orientali più ricercati e più pregiati. Questo indirizzo delle industrie di Tiro e di Sidone ebbero anche le manifatture od officine dei Fenici occidentali, cioè dei Punici, o Cartaginesi. Di prodotti orientali e di prodotti dell’imitazione fenicia, cioè idoletti, amuleti, scarabei di smalto, e di pietra dura, vasi ed ornamenti d’argento e d’oro, erano inondati i mercati d’Italia, del Lazio e dell’Etruria, delle isole del Mediterraneo, e singolarmente della Sardegna1.

  1. Ved. W. Helbig, Arte fenicia in Ann. Ist. Corr. Arch. 1876. p. 197.