Pagina:Trattato di archeologia (Gentile).djvu/148

100 Arte italica.

Rayet (Histoire de la ceramique grecque), dal Loeschcke e dal Furtwängler (Mykenische Vasen), dal Böhlau (Zur Ornamentik der Villanova Periode), nonchè recentemente dal Collignon nella sua bella Histoire de la sculpture grecque. Il Martha nella sua Art etrusque, e lo stesso Böhlau citato cercano poi di dimostrare la diffusione in Italia di questa decorazione greca, e ciò che noi riferiamo a tal genere di decorazione possiamo estenderlo in genere a tutte le opere d’arte del periodo italico, riconosciute come indigene. Quest’opinione, però, per la decorazione geometrica non è accettata dal ch. profess. Ghirardini (Monumenti antichi, VII, col. 62-63 e segg), perchè nell’Etruria Marittima, ove si trovano i primi saggi della decorazione geometrica, manca qualsiasi prodotto di suppellettile, cui si possa attribuire origine greca, cosa provata anche dallo Helbig, che dimostra impossibile l’ammettere rapporti dei Greci con l’Italia nell’età delle tombe a pozzo tarquiniesi, ove sono pure bronzi lavorati a sbalzo e fittili con ornali geometrici, mentre vi appaiono chiari gli indizi del commercio fenicio.

3.ª Esclusa l’opinione di una provenienza greca della decorazione geometrica, rimane l’altra che questa sia sorta tanto in Grecia, quanto in Italia per efficacia dell’arte e dell’industria orientale, come dimostrano lo Helbig negli Annali (1875), e nel Das Homerische Epos, 2ª ediz., nonchè il Dumont e il Chaplain (Les ceramiques de la Grèce propre), il Pigorini (Bull. di paletn. ital., XIII (1887), lo Gsell nei suoi Fouilles dans la nécropole de Vulci, e il Ghirardini che l’accetta, fatte le debite restrizioni, per gli oggetti di lamina battuta e per altri prodotti dell’arte e dell’industria, poiché si trovano indubbiamente insieme con oggetti d’origine orientale importati dai Fenici.

Rimane la questione intorno al passaggio seguito dall’arte orientale per venire in Italia. L’ipotesi dello Helbig (Das homerische Epos, 2ª ediz. pag. 83), propugnata anche dallo Schumacher (nel suo lavoro Eine praenestinische Cista im Museum zu Karlsruhe), di relazioni fra l’Italia e la Penisola Balcanica per via di terra attorno al Golfo dell’Istria, per spiegare la presenza nella civiltà italica della prima età del ferro di certi tipi d’utensili corrispondenti ad esemplari scoperti in Grecia, non è pienamente condivisa dal Ghirardini (Monumenti ant., vol. II, col. 225 e segg.). Poichè questi, trovando che, quanto più dal centro d’Italia si sale al settentrione e nelle regioni alpine e austriache, dove, per es., la situla istoriata e la cista sono diffuse, tanto più tardi si presentano le situle e le ciste del tempo in cui appaiono nei più arcaici cimiteri bolognesi, conclude di dover ammettere un viaggio dal Sud al Nord, non dal Nord al Sud, e che la situla e la cista, giunte nel gruppo bolognese di Villanova dall’Etruria Marittima, si siano diffuse poi nella vallata