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di fuori. E perciò è bene, che la facoltà non sia tanta, ch’ella abbia a metter desiderio di sè nei vicini, e nei più potenti, che ti assaltino; ai quali, chi l’ha, non possa far resistenza. Nè all’incontro sì poca, che e’ non si possa sostener la guerra, nè con i simili ancora, e coi pari.
E egli non ha di tal cosa nulla determinato. Ma e’ non ci debbe esser nascosto, che l’aver della facoltà giova assai. E si potrebbe determinar forse quanto alla quantità d’essa, ch’ella dovesse esser tanta, che ella non giovasse ai più potenti per rifargli delle spese corse nel farti la guerra: ma fosse di tal sorte, che i vincitori, avendola, non ne facessin rilievo alcuno. Siccome si dice, che Eubolo consigliò Autofradate, che voleva mettere l’assedio ad Atarnea; che considerasse, cioè, in quanto tempo ei condurrebbe l’impresa; e che lo consigliava per molto manco spesa di quella ad astenersene. Il qual parere fu cagion che Autofradate, consentendo seco, s’astenne da quello assedio.
Ha pertanto un certo che d’utile il far le facoltà pari infra i cittadini; acciocchè e’ non venghino a lite l’un con l’altro. Contuttociò e’ non fa cosa, che molto importi per dire il vero; imperocchè i cittadini, che hanno generosità potrebbon aver per male un simile ordine: come se e’ non fossin degni d’esser pareggiati con gli altri. Onde tali pare che molte volte conspirino, e muovin sedizione. Oltra di questo la malizia degli uomini è insaziabile, i quali da prima si contentano d’ogni poco; e poi ch’egli hanno conseguito quel poco, sempre manca lor più: infino a tanto ch’ei se ne vanno in infinito. La cagione di questo è, che la natura del desiderio non ha mai termine, al qual per soddisfare vive la più parte degli uomini.
È pertanto da pareggiare il principio di queste cose molto più che la facoltà;