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libro primo — cap. vi. 29

perchè la permutazione, o il baratto si debbe fare infino a tanto, che e’ serva ai bisogni. Onde nella prima compagnia (e tale è la casa) di tal baratto non fu alcun mestieri; ma bene ne fu di bisogno, cresciute che furono le compagnie: perchè certe comunicarono in tutte le cose. E certe altre comunicarono in molte, e diverse tra loro. Per i bisogni delle quali fu necessario il farsi le retribuzioni, così, come ancora oggi si usa, di fare la permuta infra molte nazioni barbare; scambiando l’una con l’altra le cose, che sono loro utili: e non trapassano questo termine, com’è dire: dando il vino in cambio del grano; e pigliandone scambievolmente. E così facendo nelle altre cose necessarie alla vita. — Cotale permuta adunque non è contro a natura, nè ha da fare nulla con l’arte dell’acquistare danari, conciossiachè tal permuta serve solamente per adempiere il bisogno della natura mancante. E da questa arte da barattare l’uno con l’altro ne nacque quest’altra, che baratta i danari ragionevolmente; conciossiachè l’uso del danaro fosse ritrovato per essere gli aiuti, di che si ha bisogno, molte volte lontani per venire d’altronde, e per mandarsi fuori il superfluo. Perchè e’ non è, a dire il vero, agevole a trasportarsi qualunque cosa, che è necessaria alla vita. Perciò fu fermo un patto infra gli uomini di dare, e di ricevere una tal cosa, la quale essendo utile, fosse atta ad essere agevolmente trasportata per i bisogni del vivere. Nel qual genere fu il ferro e l’argento, o altro metallo somigliante; da prima segnato grossamente con peso e misura: e in ultimo con l’impressione del carattere per liberare gli uomini dalla briga del pesarlo. Conciossiachè il carattere non serva ad altro, che a dimostrare il peso. — Poi adunque che ei fu introdotto il nummo per i necessarî baratti, surse di subito un’altra