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libro primo — cap. iii. 17

non bisognerebbero, dico, se così fosse, gli istrumenti agli architettori, e i servi ai padroni. Gli istrumenti adunque di sopra detti sono istrumenti fattivi; e quello, che si possiede è cosa attiva; e ciò si prova, per vedersi dal pettine del tessitore farsi un’altra cosa, che è fuor dell’uso del pettine; e dalla veste e dal letto non riuscire altro comodo, che l’uso d’essi. — Provansi ancora le differenze degli istrumenti; perchè essendo l’azione e la fazione cose differenti di specie, e amendue avendo d’istrumenti bisogno, consegue però di necessità, che gli istrumenti dell’una, e dell’altra abbino infra loro la differenza medesima: e perchè la vita è azione, e non fazione, però il servo viene ad esser istrumento per l’azione. La possessione più oltre sta non altrimenti, che si stia la parte; e la parte non pur d’altri è parte, ma è d’altri interamente; e così sia la possessione, onde il padrone viene ad esser solamente padron del servo, ma non già altro di lui. E il servo all’incontro viene ad esser non pur servo del padrone, ma interamente sua cosa. — E di qui sia manifesto qual sia la natura del servo, ed a che e’ sia buono, cioè, che quell’uomo, che non è per natura di sè stesso, ma d’altri, costui si dica esser servo; e uomo d’altri si dica esser colui, che è posseduto, e che è servo. E la cosa posseduta si dica esser un istrumento separato ed attivo. — Ma se alcuno è per natura siffatto, o no, o s’egli è meglio, o s’egli è giusto ad alcuno l’esser servo o no, anzi che ogni servitù sia cosa fuor di natura, più di sotto se ne farà considerazione. E questo dubbio non fia difficile a sciorsi, e per via della ragione considerato, e per le cose, che si veggono; conciossiachè il comandare, e l’esser soggetto non pur si debba mettere infra le cose necessarie, ma ancora infra l’utili: e subito dalla generazione di cia-