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furono in Sicilia quasi la più parte anticamente di quei governi, che appresso i Leontini si mutò egli in quella di Panezio, e in Gela in quella di Cleandro e in Reggio in quella di Anassilao. E in molte altre città similmente. Chè egli è pur cosa disconvenevole a credersi, che gli stati si mutino in quel dei pochi potenti, perchè li cittadini sieno avari, e intenti ai guadagni ne’ magistrati, e non piuttosto perchè e’ vi sieno assai, che nella roba avanzino gli altri, e non stimino cosa giusta che chi ha più roba abbia nello stato a partecipare quanto chi n’ha meno. Che e’ si vede ancora in molti stati di pochi non esser lecito l’arricchirvi, anzi vi sono leggi che lo proibiscono. E all’incontro in Cartagine dove è uno stato popolare, vi si può far roba assai, e non però si muta.
È ancora cosa disconvenevole a porsi, che e’ sieno due città sotto lo stato de’ pochi, cioè una di ricchi, e l’altra di poveri, perchè che verrà ad avere più questo stato di quel di Sparta, o di qualunche altro, dove tutti li cittadini non partecipino nel governo? O dove tutti li cittadini non sieno ugualmente buoni? Perchè, ancorchè nessuno cittadino vi diventi più povero, che e’ si fusse in prima, contuttociò gli stati de’ pochi potenti si mutano in popolari; in caso che li poveri vi sieno più. E dal popolo si mutano in quel dei pochi, in caso che li ricchi vi sieno più potenti del popolo, e che il popolo sia negligente, e che li ricchi tenghino l’occhio a mutarlo. Ma essendo assai le cagioni, onde si mutino gli stati, e’ non n’adduce altra, che una sola, e questa è, che vivendo essi prodigamente e’ diventano poveri per l’usare, che e’ sopportano, come se da principio e’ fussino stati tutti ricchi, o la più parte, ma ciò è falso. Ma e’ si fa innovazione negli stati, quando egli hanno perduto le facultà alcuni di quei che sono