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nel governo, e con dare lo stato a quei, che sono infra li non abili de’ migliori, e col non fare ingiuria alli ambiziosi nello onore, nè ai popolari nella roba, e con li compagni nel governo portandosi civilmente. Imperocchè quella parità, che cercano li popolari, che sia nel popolo, la medesima infra li simili non pure è giusta, che sia, ma ancora è utile.
Onde se li partecipanti nel governo sono assai, sta bene in tal caso farvi molti ordini da stati popolari, cioè, che tutti li magistrati vi si faccino per sei mesi, acciocchè tutti li cittadini ne possino partecipare. Che invero li simili non sono altro che un popolo, perchè infra questi molte volte insurgono (siccome io ho detto) i popolari capi. Ancora osservando questo gli stati stretti, e gli ottimati verranno manco a cadere in quello ultimo stato violentissimo; perchè e’ non è similmente agevole il far male da chi sta poco tempo nei magistrati, che da chi vi sta assai. E per tal cagione ancora negli stati popolari, e negli stretti nascono le tirannidi; imperocchè nell’uno stato e nell’altro i cittadini grandi se lo usurpano, quivi, dico, i popolari capi, e qui li potenti, o chi ha in mano li magistrati sommi, quando e’ gli ritengono per tempo lungo.
Salvansi adunche gli stati non solamente per essere lontani da chi gli rovina, ma certe volte ancora per esservi presso, perchè, temendo degli avversarî, e’ tengono più in mano il governo. Però debbe chi vegghia uno stato mettere qualche volta delle paure, acciocchè li cittadini guardino, e non straccurino (siccome fa una sentinella della notturna guardia) il governo, ma osservinlo con diligenza, e li pericoli lontani accingli alcuna volta appressare. Debbesi ancora sforzarsi di guardare per via delle leggi le contese, e l’ambizioni degli uomini grandi, e avvertire che quei cittadini, che non