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libro primo — cap. i. 13

questo la cagione, onde son fatte le cose, e il fine si ripone infra le cose ottime; e però la sufficienza è il fine e è ottima cosa medesimamente.

Onde si fa manifesto, che la città è infra le cose, che son per natura; e così che l’uomo è per natura animale sociale: e che chi è per natura, e non per fortuna senza città, si debbe stimare, o cattivo uomo, o da più che uomo, siccome è quegli da Omero diffamato:

Uom senza legge, e senza tribù, e ’mpuro.

Conciossiachè un tal uomo così fatto dalla natura sarà in un medesimo tempo e di guerra vago, come quegli che da nessun giogo sia ritenuto, non altrimenti che sono gli uccelli.

È ancor manifesto, onde nasca, che l’uomo è animale sociale, e molto più che la pecchia, e che ogni altro bruto che vada in gregge; imperocchè non facendo la natura (siccome si dice) niente indarno, ha ella solamente a lui infra tutti gli altri animali dato il parlare. La voce adunque è manifestatrice di quello che contrista, e di quello che rallegra; e tale è data dalla natura a tutti i bruti; avendo essa natura insino a qui porto loro questo giovamento, cioè, ch’essi possin sentire quello, che lor dia o piacere, o molestia: e sentitolo, possin per il mezzo della voce l’uno all’altro significarlo. Ma il parlare di più è stato dato all’uomo, acciocchè per mezzo di lui e’ possa dimostrar l’utile, e il nocivo; e così per conseguenza il giusto e l’ingiusto: e in questo avanza l’uomo tutti gli altri animali, ed è di lui proprio, il poter, dico, aver sentimento della virtù, e del vizio, e dell’ingiusto e del giusto. E di tali sì fatti le compagnie costituiscon la città e la casa.

È ben vero, che la città per natura è prima della casa, e di ciascun uomo particolare; e la ragione è, che il tutto per necessità