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libro primo — cap. i. | 11 |
comandamenti fattigli da chi ha discorso; onde avviene, che il comandar, e l’ubbidir qui è utile all’uno, e all’altro.
Ha la natura adunque diviso la femmina dal servo, conciossiachè ella non operi nulla in quel modo, che i fabbri usavano del coltello delfico per i poveri; anzi la natura fa una cosa dispersè per uno esercizio dispersè, e in tal modo ciascuno istrumento farebbe ottimamente il suo offizio, se e’ non avesse, dico, a più d’un solo a somministrare. È ben vero, che infra i barbari non si fa distinzione intra ’l servo e la femmina; del quale effetto non è cagione altro, che il mancar tai gente di chi sia per natura signore: onde la compagnia, che è infra di tali, è composta di servo, e di serva. E perciò han detto i poeti:
- Giust’è, che i Greci alla barbara gente
- Dien legge, e sien di lor fatti signori.
Come se una medesima cosa fosse il barbaro uomo, ed il servo.
Di queste due compagnie adunque è la prima casa composta: e però ancora ben disse Esiodo poeta:
- La casa imprima, e poi la dolce moglie
- Aver conviensi, e ’l bue che solchi i campi.
Imperocchè il bue è alla gente povera in cambio di servo. È pertanto la casa una compagnia quotidiana dalla natura constituita; gli abitatori della quale Caronda chiama uomini, che stanno ad un medesimo pane: e Epimenide di Candia li chiama uomini, che si scaldano a un medesimo fuoco. E il borgo è detto compagnia non quotidiana, ma di più case constituita per utilità di ciascuno; nè altro è il borgo, che una colonia della casa fatta dalla natura di quegli uomini, che da certi sono stati chiamati uomini da un sol latte nutriti e dei figliuoli, e nipoti,