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ella sia stato popolare, e or ch’ella sia stato di pochi. E questo detto non può intervenire, se non perchè il mescuglio sta bene. Che una simile cosa interviene nel mezzo, perchè nel mezzo si scorge e l’uno e l’altro estremo.

Siccome accade nella republica di Sparta, che molti vogliono chiamarla stato popolare, per vedervisi dentro molti ordini da tale stato; com’è primieramente quello che è intorno al nutrire i figliuoli che a un medesimo modo sono nutriti quei di chi è ricco, che di chi è povero: e la medesima instruzione quanto si può v’hanno i figliuoli dei cittadini poveri e dei ricchi. E il medesimo ordine vi si tiene nella età conseguente, dappoi che ei sono divenuti uomini, perchè nessuna diffinizione vi è tra il povero, e il ricco, che nelli ritrovi publici le medesime vivande vi sono per tutti, e il medesimo vestire v’usa il ricco, che qualunque altro povero potesse avere. Ed evvi ancora questo altro ordine popolare, che di due magistrati grandissimi, che sono in quella republica, l’uno ne crea il popolo, e l’altro è partecipe, e’ vi crea, cioè, il senato de’ vecchi, e la eforeria può usare. Puossi all’incontro dire, che tale republica sia uno stato di pochi potenti per esservi molti ordini da simile stato, cioè che tutti li magistrati vi si elegghino, e che nessuno vi si tragga a sorte, e che li pochi vi sieno padroni della morte, e dello esilio, e d’altre simili cose assai.

E certamente che in uno stato bene temperato vi debbe apparire l’uno e l’altro modo di governo, e nessun vi debbe essere. E debbe un tale stato avere in sè stesso gli ordini da preservarsi, e non avergli ad accattar di fuori. E debbe per sè stesso poter mantenersi, e non per molti altri fuori dello stato, che vogliono, che e’ si mantenga; perchè tal cosa potrebbe avvenire in una republica che fusse cattiva. E insomma debbe stare in maniera,

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che parte alcuna di tal città non vi sia, che voglia altra forma, che quella. In che modo adunche si debba acconciare la republica, e così gli stati detti ottimati ho io dimostrato.