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mercatanti, e in Tenedo assai barcaiuoli. Oltra di questo nel popolo è la parte degli artefici manuali, e di quegli che non hanno tanta facultà, che e’ possino stare oziosi. Evvi ancora di quegli, che non sono cittadini per padre, e per madre, o se altra simile sorte si dà di plebe. La parte dei nobili è differente per la ricchezza, per la nobiltà, per la virtù, per la erudizione e per l’altre cose, che hanno simile differenza.
Il primo adunche popolare stato è quello, dove massimamente s’usa l’ugualità. E la legge di tal modo di governo chiama per equale, che li poveri non abbino meno che li ricchi, nè sieno meno padroni in nessun conto, ma che similmente ogni uomo partecipi nel governo. Perchè se egli è vero che la libertà massimente sia nello stato popolare, siccome certi si credono, e l’equalità, però in tal modo verrà ella ad esservi assai: cioè, quando tutti li cittadini parteciperanno nel governo ugualmente. E perchè il popolo è più di numero che non sono li nobili, però consegue di necessità, che dove vale l’opinione dei più, quivi sia lo stato del popolo. Una specie adunche di popolare stato è la detta.
Un’altra è, dove li magistrati si danno per via di censo, ma, benchè e’ sia piccolo, che contuttociò sia di bisogno averne alquanto a chi vuole partecipare de’ magistrati, e altrimenti non ne possa avere. Una terza specie è, dove tutti li cittadini possino averne, tutti quei, dico, che non sieno sottoposti a qualche condennagione, e che la legge sia quella che giudichi. La quarta è, dove a tutti è lecito partecipare nei magistrati, a quei, dico, solamente che sieno cittadini, e dove poi comanda la legge. La quinta e ultima specie è, dove stando ferme tutte le cose dette, di più vi s’aggiugne, che ’l popolo è padrone e non la legge.
E ciò interviene quando e’ prevaglino i decreti del popolo e non le leggi. E un tale effetto nasce per colpa dei capi