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virtuosi. Ancora ogni città avendo un solo fine, conseguita però che una sola debba essere la instituzione, e per necessità la medesima in tutti li cittadini. La quale instituzione debbe essere fatta dal publico, e non dal privato, nel modo che ciascheduno usa oggidì d’avere cura de’ suoi figliuoli, e d’insegnare loro in privato ciò che gli piace. Ma l’esercizio delle cose publiche debb’essere fatto dal publico. Ancora nessun cittadino debbe stimarsi d’essere di sè stesso, anzi tutti debbono stimarsi d’essere della città; conciossiachè ciascuno è una particella di lei, e la diligenza di ciascuna particella dee risguardare alla diligenza del tutto.
Puossi per questo rispetto lodare assai gli Spartani, i quali mettono gran cura in allevare i fanciugli, e tale mettono in atto per via del publico. È manifesto pertanto, che nelle città si debbono porre leggi, che faccino fare l’instituzione, e che la faccino fare publica.
Ma ei non debbe essere ignorato, che instituzione debba farsi, nè qualmente ella debba farsi, che oggi tal cosa è dubbia; che esercizî, dico, ei debba mettere in atto; non consentendo tutti gli uomini nelle medesime, che si debbino imparare da’ giovani nè per fine di conseguire la virtù, nè per fine di conseguire vita felice. Nè è chiaro se piuttosto sia da torre quelle che servono alla parte intellettiva, o è meglio tor quelle che servono alla parte dello appetito.
Il rispetto ancora degli impedimenti, che sono nella vita, tale considerazione molto ci confonde, e niente ci è di