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traggono di simile impresa; però e ancora Tibrone pare che abbia amato il legislatore di Sparta, e il medesimo ha fatto qualunche altro che ha scritto di quella republica parendo loro, che per averla il legislatore esercitata assai ne’ pericoli, ella divenisse signora di più popoli.

Ma egli è manifesto, che ora che gli spartani non hanno più imperio, essi non sono più felici, nè il loro legislatore è più buono. Questa è ancora cosa ridicola, perchè essi abbino lasciato il ben vivere, osservando le leggi loro poste e non avendo avuto impedimento alcuno nell’eseguirle. Non stimano bene ancora costoro del principato, qual dico, debba essere pregiato maggiormente da un dator di legge; imperocchè l’imperio libero è più bello che non è l’imperio signorile ed è il primo più dalla virtù accompagnato.

Oltra di questo e’ non si debbe perciò riputare la città felice, nè lodare per questo il legislatore, perchè egli abbia, cioè, esercitativi gli uomini alla guerra, e al signoreggiare ai vicini, imperocchè tai cose fanno un gran nocumento. Chè egli è manifesto che uno tale ordine insegnerà ancora nei cittadini a chi avrà più potenza di fare ogni cosa per signoreggiare la sua patria, di che incolpano gli spartani il re Pausania; avvenga ch’ei fusse constituito in quel grado. Che certamente nessuna di queste leggi è nè utile, nè vera; anzi il legislatore debbe imprimere nella città e nelle menti degli uomini quelle cose, che sono ottime e al privato e al publico.

Nè l’esercizio militare si debbe studiare per fine di soggiogare chi è indegno di stare sottoposto; ma principalmente perchè chi l’esercita non sia suggetto ad altri; e di poi per acquistare imperio, che giovi a chi è vinto, e non per acquistare imperio, in ogni modo sopra gli uomini; e nel terzo luogo per acquistarlo sopra chi è degno di stare sottoposto. E con le ragioni concordano li fatti