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al culto divino; e l’altra alle spese del ritrovarsi a mangiare insieme. E della privata una parte assegnarne alle propie necessità, e l’altra ai bisogni degli altri cittadini, acciocchè divisa ciascuna di queste in due sorti, ogn’uomo possa partecipare dell’uno e dell’altro luogo.

E in tale modo si verrà ad avere il pari e il giusto; e starassi più d’accordo con li vicini. Che quando la cosa sta altrimenti, questi non tengono conto della inimicizia dei vicini: e quegli ne tengon più conto, che non si conviene. Onde appresso di certi è legge, che chi si trova vicino ai confini, non possa essere chiamato a consiglio sopra la guerra, che s’abbia a fare con loro; come se per la propietà loro e’ non potessino consigliar bene. Debbesi pertanto dividere la provincia nel modo detto per le contate cagioni.

E li contadini, se io avessi a chiedere a lingua, vorrei che fussino servi, nè fussin tutti d’una medesima nazione, nè di troppo animo, perchè essendo così fatti, e’ verrebbeno ad essere utili agli esercizî; e non sarebbono sospetti di potere innovare cosa alcuna. Nel secondo luogo vorrei; che tali fussin barbari, e di natura simile a’ detti, e di questi nei propî campi vorrei, che tali fussin servi di chi ha le possessioni propie; e nei comuni fussin servi del comune. Ma in che modo si debba usare li servi, e per che cagione e’ sia me’ fatto proporre la libertà per premio a tutti li servi, dirò iopiù disotto.


Ma che la città debba partecipare del continente e del mare, e così tutta la provincia il più che si può ho io detto innanzi.