Pagina:Trattato de' governi.djvu/164

la medesima forza, e la medesima forma, che han quelle di che i particolari partecipando sono detti uomini giusti, temperati e prudenti.

Ma tai cose siensi dette qui da me per via di proemio, perchè e’ non si può fare senza toccarle, e a volerle dire esattamente tutte non è ancora possibile, perchè ella è impresa da altro ozio che da questo. Ma ora presuppongasi questo, cioè, che l’ottima vita, e generalmente della città sia quella, che congiunta alla virtù è accompagnata ancora dai beni esterni, insino a tanto che ella possa fare l’azioni virtuose. E lasciando al presente in questa dottrina il disputare con chi non volesse stare quieto alle ragioni dette, un’altra volta rispondendo loro, ci faremo considerazione, se alcuno si ritrova, che non voglia stare al detto nostro.


Restaci a vedere, se e’ si debba por la medesima felicità in un solo uomo che nella città o no. Ma tale dubbio è chiarito, che ogni uomo confessa che ella è la medesima, imperocchè chiunche vuole che un particolare sia felice per essere ricco, il medesimo vuole che la città intera sia beata, quando ella è ricca. E chi pregia come beata la vita tirannica, costui medesimamente terrà per beatissima quella città, che signoreggerà a più popoli. E se e’ fia chi voglia dire felice un solo uomo, se egli arà virtù, il medesimo dirà felice la città s’ella sarà virtuosa.

Ma due cose qui caggiono in considerazione. Una è, se più si debbe eleggere la vita civile, e comunicante