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mai nello animale, che ei dipinge, uno piè, che trapassasse la misura conveniente, ancora che e’ fusse più degli altri eccellente di bellezza. Nè il medesimo farebbe il fabbricatore della nave della poppa, o d’altra particella d’essa. Nè il maestro del coro lascerebbe ire insieme con gli altri uno, che più forte, o più soavemente degli altri cantasse.
Onde niente vieta perciò, che li monarchi in tale ordine non possino con le republiche convenire; in caso che ciò sia fatto da loro per conservazione del proprio imperio, che sia utile alla città. E però si conchiude, che questo ordine dello ostracismo ha in sè un certo che di giustizia civile, in caso che le grandezze sieno troppe manifeste nei cittadini. E sarebbe certo meglio fatto, che da principio il legislatore avesse provisto nell’assettamento degli stati talmente, che e’ non avessino bisogno di simile correggimento; la quale cosa non è stata provista nella città. Il che nasce, perchè ei non hanno avuto risguardo all’utile di quel proprio stato, e però hanno usato gli ostracismi tumultuariamente. Negli stati adunche cattivi, che tale ordine a quei particolari stati sia utile, e che e’ vi sia giusto, è cosa manifestatissima; ed è chiaro ancora forse, che e’ non v’è giusto veramente.
Ma negli stati buoni è ben dubbio, s’egli è giusto, perchè in loro non vi si fa l’eccellenza per cagione d’altra sorta di beni, com’è di gagliardia, d’assai ricchezze, e assai amicizie, anzi se e’ vi se ne fa, ella vi si fa mediante le virtù. Che adunche si debbe fare in tale caso? Diremo noi, che un tale uomo di tanta eccellenza si debba cacciare, e mandare in esilio? o diremo, che tale si debba tenere suggetto? Che ciò sarebbe un quasi che affermare per ragionevole, che a Giove comandar si dovesse, e che con lui si dovessino dividere i magistrati. Restaci adunche a dire quello, che la natura
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pare, che abbia ordinato; cioè che ad un simile uomo tutti gli altri cittadini debbino volentieri ubbidire, di maniera che tali sieno fatti re perpetui nelle città.