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E se il mio detto non è ben chiaro io l’andrò dimostrando meglio, usando più alquanto l’induzione. Se e’ fusse dico uno, che avanzasse l’altro nell’arte del sonare il flauto, ma contuttociò che li fusse inferiore per nobiltà e per bellezza (posto ancora che ciascuno di questi beni fusse più eccellente dell’arte del sonare i flauti, io dico la nobiltà, e la bellezza, e posto che tali beni a proporzione avanzino più l’arte del ben sonare i flauti, che non avanza esso sonatore gli altri nella sua arte) nondimanco a costui sarebbe da dare i flauti; a costui, dico, che fusse più eccellente nel sonargli. Imperocchè l’eccellenza si debbe paragonare con l’opera, e la ricchezza e la nobiltà qui non ci fan nulla.
Oltra di questo s’ei fusse vero il detto di sopra, ne seguirebbe, che ogni bene si potesse con ogni sorte di bene paragonare; perchè se ei fusse da più un certo che di grandezza, egli avverrebbe in somma, che la grandezza potesse gareggiare con la ricchezza, e con la libertà. Onde se uno avanzasse più l’altro in grandezza, che colui non l’avanzasse in virtù, e se insomma la grandezza avanzasse in virtù, e’ verrebbono ad essere tutti i beni paragonabili. Imperocchè se tanto di grandezza avanzasse l’altro bene di tanto, tanto di grandezza è manifesto, che gli sarebbe pari.
Ma perchè ciò è impossibile, però è manifesto che ne’ casi civili non si disputa giustamente del dare i magistrati per via d’ogni disuguaglianza; imperocchè se questi son tardi nell’andare, e quei presti, non perciò debbono quei meno, e questi più ricevere degli onori publici; ma ben si stima tale eccellenza nei giuochi gimnici. Ma le contese per necessità cascano in quelle cose, delle quali la città è composta. Laonde con gran ragione si vogliono attribuire i primi gradi li nobili, li liberi e li ricchi; perchè egli è di necessità, che e’ sieno liberi i cittadini, e che eglino abbino il censo: