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di nuovo pigliando tutto il popolo, se li più si distribuissino li beni di quei, che sono manco di numero, egli è chiaro, ch’ei distruggerebbono la città: ma la virtù non distrugge chi l’ha, nè il giusto è della città distruttivo.
Onde è manifesto, che una tal legge non può esser giusta. Oltre di questo ne seguiterebbe, che ogni azione fatta dal tiranno sarebbe per necessità giusta; perchè, essendo ei più possente, e’ potrebbe sforzare, non altrimenti che il popolo si potesse sforzare li ricchi. Ma se noi diremo dall’altra banda, che e’ sia giusto di dare il governo in mano de’ pochi, e dei ricchi; se essi ancora faranno li medesimo danni, e se e’ dissiperanno, e s’ei torranno la roba al popolo, fia questo giusto? e se e’ fia: e’ fia ancora il primo. Ond’è manifesto, che tutte le predette usanze sono cattive, e non giuste.
Ma se noi diremo ch’e’ si debba dare il governo di tutte le cose in mano dei cittadini modesti, fia di necessità fare tutti gli altri cittadini disonorati, e non partecipi degli onori civili: e onori civili dico io essere i magistrati. Ora, regnando sempre li medesimi, è forza che gli altri ne restino privati. Ma e’ si potrebbe dire, che e’ fosse me’ fatto dare il governo in mano d’uno solo, che fusse virtuosissimo. Ma tale ordine non ha egli dello stato dei pochi potenti molto più degli altri? Perchè li più restano senza onori. Ma forse qui direbbe uno essere male ordine, che l’uomo sia padrone, e non la legge; perchè nell’uomo sono le perturbazioni dell’animo; ma se questa legge avesse rispetto ai pochi potenti o al popolo, in che sarebbe ella mai differente dalli dubbî proposti? Conciossiachè li medesimi inconvenienti accadere ci potessino?
Ma sia delle altre materie altro tempo da ragionare. E dicasi ora, che l’affermare per migliore ordine il dare il governo in mano al popolo più presto che agli ottimati, ma pochi, si possa risolvere; e forse che e’ ci sia qualche dubbio: anzi ci sia forse il vero. Imperocchè li più (nel qual numero è ciascuno, che non è virtuoso cittadino) contuttociò li più, dico, insieme accozzati possono essere migliori di quegli ottimi, non considerati in