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elle non sarebbono una città medesima, ne ancora che e’ facessino insieme dei parentadi. E è pure questa una principale compagnia, e propria che sia nelle città. Nè ancora sarebbono d’una città medesima cittadini sebbene egli abitassino dispersè; ma non però tanto l’uno dall’altro lontàni, che e’ non potessino convenire insieme, anzi di più avessino leggi, che proibissino l’uno all’altro l’ingiurie nei commerci. Com’è se l’uno fosse fabbro, e questo contadino, e quel cojajo, e quell’altro un’altra cosa; e così fussino diecimila, i quali non convenissino insieme in nessun altro conto, che in questo; cioè in barattare le loro merci e in ajutarsi l’un l’altro nelle guerre, dico, che in tal modo ancora non sarebbe questa città. Ma per qual cagione? Non già perchè tali non comunicassino insieme, e non fussino vicini, che sebbene e’ covenissino insieme in tal modo, e ciascuno usasse la propria sua casa, come la città, e porgessino ajuto l’un l’altro come confederati contra di chi volesse offendergli solamente, dico, che nè ancora, in tale modo stando la cosa, sarà città questa tenuta da chi andrà veramente esaminando, sebbene per tale verso e’ potessino conversare insieme, e dispersè come a loro paresse. È manifesto pertanto la città non essere comunione di luogo, nè essere patto di non s’ingiuriare l’un l’altro, e non essere constituita per fine di potere trafficare insieme, ma ben essere di necessità, che tai cose vi sieno, s’ella ha ad essere città. E con tutto che le cose sopraddette tutte vi fussino, non però è città, ma è città quella compagnia, che è instituita per cagione di bene vivere, e in vita lunga sì nelle case private, e sì nelle stirpi, e che sia sufficiente.

E tale fine non può esser conseguitato da chi non abita in un luogo medesimo, e da chi non fa insieme de’ matrimonî. Onde nelle città sono stati trovati li parentadi, le compagnie, li sacrificî,