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100 trattato dei governi

necessario, che la virtù del buon cittadino sia in tutti; perchè talmente si fa la città ottima. E quella dell’uomo buono non può essere in tutti, se già non volessimo porre, che nella republica ottima per necessità vi dovessino esser li cittadini tutti buoni.

Ancora perchè la città è un composto di cose dissimili non altrimenti che l’animale, il quale subito è composto di corpo e di anima, e l’anima di nuovo è mescolata d’appetito e di ragione, e la casa è un misto di marito, e di moglie, e la possessione di padrone e di servo, e così la città è un composto di tutte le cose dette. Ed ha di più altre parti diverse di specie, che la constituiscono. Onde avviene di necessità, che la virtù in tutti i cittadini non è la medesima, siccome avviene degli agenti nel coro del supremo, e di quel che l’ajuta.

E di qui è chiaro la virtù, parlando assolutamente, non essere una medesima in tutti. Ma ella sarà bene forse in qualche cittadino la medesima, quella dico del cittadino buono, e quella dell’uomo buono; perchè egli è certo, che il buon principe è uomo buono, ed è uomo prudente, e che l’uomo civile per necessità è prudente. E qui è chi afferma essere diversa l’erudizione del principe, siccome apparisce nei figliuoli de’ re, che sono instituiti alla virtù militare ed equestre. Ed Euripide questo conferma dicendo:

Non quel, che in mostra sia, ma quel che in fatto
Giovi alla patria.

Come se e’ si desse una erudizione al principe, che fosse propria di lui.

Ora se la virtù del buon principe e del buon uomo è la medesima, e se egli è cittadino ancora chi è suddito, però conseguita, che la virtù dell’uno e dell’altro non è la medesima assolutamente. Ma ella sarà bene la medesima in certi cittadini, cioè in quegli solamente che