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498 s. ammirato

De. Se vero è quel che mi dite, Tiresia, quasi ch’io sono per se║guitare [40] la poetica e lasciar la medicina.

Ti. Io non ti conforto più a l’una che all’altra. Dicoti bene che sì come la medicina riguarda il corpo, la poetica ha l’occhio all’anima, conchiudendo che se vero è che la medicina sia necessaria, che riguarda la materia nostra, non men necessaria, se non vogliamo dir più, debba esser la poetica, che considera et ha per obietto la forma. Ma perchè, come di sopra si disse, il filosofo in genere riguarda la sanità dell’anima, diciamo che quando egli discende a curarla con dolcezza, diventa poeta, a differenza dell’altre curazioni, onde Orazio così disse1:

E giovare e piacer brama il poeta

Ove bisogna avvertire che il diletto non si ha da porre qui per compagno del giovamento, onde s’abbiano a far due fini del poeta, ch’egli veramente sia tenuto di giovare e di dilettare, ma va egli in conseguenza del giovamento; perciò che vuol primieramente et assolutamente il poeta giovare, ma non potendo farlo senza la congiunzione del diletto, il prende per ministro del primo. Anzi, ti dico di più, che nè il verso ║ [] è di sostanza della poetica.

De. Queste son due cose che mi dànno da dubitare. Però, di grazia, fermiamoci un poco e mostratemi, Tiresia, come dite che il poeta non abbia per fine il diletto principalmente, ma in consequenza.

Ti. Per non invilupparti, bisogna considerar sempre che il poeta è un’istessa cosa da un lato col filosofo, e perchè il filosofo ha per fine il giovare, l’istesso ha il poeta: perciò che non puoi considerar il poeta senza la filosofia, come nè l’uomo che sia senza l’anima. E se ben ti dissi che la poesia era un istromento della filosofia, intendi in quel modo che il corpo è istromento dell’anima, che è in modo istromento che fanno insieme un composto. Quando l’anima, dunque, intende di caminare, può ben far questo senza del corpo, ma quando vuol caminare e metter in effetto alcuna operazione, questo lo fa il composto. Così il filosofo può intender da sè di voler giovare, il che fa la speculativa, ma quando vuol

  1. Ars poetica 333.