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496 s. ammirato

lui vendicarsi, domandò un uomo se gli desse il cuore insieme con lui di far le sue vendette contra quel cervo, e promettendogli l’uomo di farlo in caso che e’ si lasciasse mettere il freno e che egli su vi fosse montato co’ dardi in mano, essendo rimasti d’accordo, montato che l’uomo vi fu su, in cambio di far le vendette contro al cervo, il cavallo diventò suggetto dell’uomo. Così voi, o Imerensi» disse egli, «avertite che, mentre voi volete pigliar la vendetta de’ vostri nemici, non v’intervenga il medesmo che intervenne al cavallo».

Con simile essempio Menenio1 Agrippa rivocò la plebe sdegnata e ritiratasi sul Monte Aventino ║ [36] agli usati esercizii suoi, mostrando che se essi non ubbidivano a’ nobili, arebbon fatto come i membri quando congiurarono contro il ventre, che il danno non più era del nemico che loro. Vedi come con questi esempi, Dedalione, meglio che con altri sì fatte persone si riducono all’ubbidienza e fannosi di ragione capaci? E che altro credi tu essere stata la lira con la quale Amafione edificò Tebe, tirando gli animali e le pietre al suo suono, che le dolci parole del poeta le quali allettano gli animi fieri e bestiali alle congregazioni et agli ordini civili? Nè cosa altra veramente bastava a tirar gli uomini da quella fiera vita et agreste a questo umano e cittadinesco vivere, che la poesia, se ben Cicerone, fautor dell’arte sua, attribuisca questo all’oratoria2. E poscia che congregati furono non mancò la poesia d’ammaestrarli con le rappresentazioni delle comedie e delle tragedie, onde ║ [37] vediamo con tante eccessive spese aver fabricato gli antichi uomini illustri e maravigliosi teatri.

E se, come i primi inventori trovando le prime cose per lo necessario uso degli uomini, gli altri moderni crescendo poscia in superfluità e pazzie hanno alterato le cose, così torcendo i poeti della primiera strada e fin loro si sono volti a’ ridicoli imitando il piggiore, come oggi quasi da tutti si vede e massimamente di coloro che non so che berneschi capitoli scrivono che paion più tosto buffoni che poeti, o di quelli che nulla altra cosa hanno a fare che a cicalar d’amore vano e lascivo, cotesto non è colpa nè diffetto della poesia; perciò che, sì come dice Aristotele della
  1. Marg: Livio al ii libro. = Hist. rom. II, 32.
  2. Marg: nel i. dell’oratore. = I, 33.