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ii - angoscia doglia e pena |
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donna è chiamata «ombra vana», perchè la vanitá fu il primo
vizio per cui rimase infetta la natura umana. Si che concludo
che la vanitá è un falace diletto umano, un studio senza frutto,
perpetua paura, pericolosa essaltazione, principio di falsa grandezza,
senza alcuna providenza, e certissimo fine di grave penitenza.
Imperò parmi che giamai è tanta scontentezza d’uomo
di libertá filtrare in lacci, quanta tristezza è di sentire sempre
diversi, vani disiri di quella che conosce essere amata da lui;
di sorte dico che costui è posto in alto per cascare in grave
ruina. Sí che non mai è tanta gloria d’un ricco maritaggio,
quanta è l’infamia dopo che ’l cade in povertá per la vanitá
di sua donna, che altro non dimanda che pompa del mondo.
Nè credo che per altra cagione donna disia avere gran danaio,
salvo per mostrare la sua vanitá nelle serve, nelle gioie e
altri ornamenti d’oro e d’argento, nelle argentarle di sue credenze,
nelli vasi fatti a l’antica, nelli superbi drappi, nell’ornamento
di casa di lavor fiandresco; non perciò per alcuna sua
utilitá nè per suo gran piacere, ma piú tosto acciò sia veduta
da molti quanto è vana: sí come fu quella che edificò la superba
Cartagine, emula giá d’imperio romano. E, non ostante che
molti principi conoscesseno che vanitá era gran vizio al mondo,
nondimeno assaissimi tiranni non restorno di seguire questa
vanitá, anzi non satisfeceno ad alcuno suo appetito, innamorati
di questa ombra vana. Come si legge di Nerone, di Marco
Crasso, di Cesare qual vòi, di Ciro, di Lucullo, di Esopo tragico,
di Menandro, padre di Protagora. E credo che re Mida
non per altro dimandò la grazia da dio Bacco che ciascuna
cosa che toccava diventasse oro, salvo per sodisfare alla vanitá
del mondo. Sí che giudico che, seguendo lei, non hanno adempito
alcun suo disio; anzi, innamorati d’ombra vana, hanno perso
non solo i regni, ma la propria persona. Perciò, ciascuna donna
essendo vana, dico che tutte le cose sue sono manifesta vanitá
del mondo. Pertanto mi parrebbe cosa onesta che ciascun
amante scrivesse in su le sue scarpe, di sopra i guanti, nelle
barette, nei vestiti, nelle sale, nelle camere, per li cantoni
della cittá, in piazza e li dove vanno a vagheggiare la donna,