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nota 395


Vennero però conservate le poche forme doppie, secondo il consueto, cioè: «avea» e «aveva»; «augello» e «uccello»; «biasimato »; e «biasmato», «desio» e «disio»; «inanzi» e «innanzi»; «fosse» e «fusse»; «fia», «fie», «fien»; «maggiore» e «magiore »; «maraviglioso» e «meraviglioso»; «negri» e «neri»; «prova» e «pruova»; «remirare» e «rimirare»; «scuopre» e «scopre»; «sète» e «siete»; «sopra» e «sovra»; «Vergilio» e «Virgilio».

Vennero inoltre mantenute le forme peculiari: «aggia»; «apparare » per «trovare»; «avenire»; «aveduto»; «avesse» per «avessi»; «averanno»; «aviso»; «aggradare»; «brieve»; «caulinare» e «camino »; «cennare» per «accennare»; «commune» e «communemente »; «deono» per «devono»; «devesse»; «disiderevole»; «dissegnato»; «doppo»; «femina»; «fussimo» e simili; «giamai», «introduzzione»; «labra»; «leggista»; «loda» per «lodi»; «madriale »; «maladetta»; «matutino» per «del mattino»; «mamelle»; «mezo» e «mezano»; «nevo» per «neo»; «obligo»; «oltra»; «perfezzione»; «ponno»; «rassimigliare»; «recreare»; «risguardare » ; «scimi a»; «sodisfare»; «sovenire»; «speronare»; «suto» e «suta» sempre per «stato» e «stata»; «traposto» per «frapposto »; «vollono» e simili.

Sono degne di nota poi alcune forme lessicali usate dal nostro autore. Per esempio: «ricevere un monte di benefici»; «andar a falcone» per «andare alla caccia del falcone»;«smarrirsi l’oro» per «scolorarsi»;«essere debole barbaro a tal corso» per «stancarsi presto»; «cadere la gragnuola a tempo sereno»; «mandar per fuoco e per armi» per «esser sottomesso ad uno»; «essere parco a» per «andar piano a»; «leccalucerne» per «buono a nulla»; «pungente come il tribolo»; «agramente acceso» per «fortemente innamorato»; «acque nanfe, acque rose, il muschio, il zibetto, l’ambracane, il moscato»; «tirare di palo in pertica» per «di palo in frasca»; «bazzicature» per «sciocchezze»; «liscio, belletto, fattibello» («fattibello» era parola veneta); «sole di meriggiana»; «stare al martello» per «esser piú conforme al vero»; «dorati pironi» per «forchette d’oro» (parola veneta, ancor oggi in uso, per indicare la forchetta da tavola); «chente» per «quale»; «donne morbide e garzone» per «donne delicate e giovani»; «auricome capo» per «capo biondo»; «i giardini ameni sono come zolfanelli alla lussuria»; «calli» per «strade»; «dar le cervella a rimpedulare» per «aver perso la testa»; «semplicitá