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Le opere encomiastiche derivano direttamente da quelle esaltazioni cortigianesche della donna, onde fu pervaso il Quattrocento.
Gli umanisti affamati lasciarono il posto ai segretari-poeti cinquecenteschi:
per opera de’quali tutte magnifiche, tutte belle, graziose e virtuose, tutte bionde ed occhiglauche ci appaiono le madonne del Cinquecento. E non solo le padrone o le protettrici dei singoii autori, ma eziandio tutte in mazzo quelle di un’intera cittá o di una intera provincia venivano egualmente cantate. Ma, di fianco alle magnificazioni di Nicolò Franco, un acido critico casalese, intento sopra il Dialogo delle bellezze, ghignando annotava via via le varie laudazioni, con postille, che ci svelano, aimè!, la impostura di quelle lodi. E non solo le donne in particolare, ma altresí la donna in generale venne abbondantemente esaltata dai nostri autori. Prima che Agrippa di Nettenstein compiacesse a Margherita d’Austria scrivendo il De nobilitate , Galeazzo Capella aveva composto il trattatello Della eccellenza e dignitá delle donne, che diede poi la stura ad una produzione stucchevole e noiosa, che, culminando coll’idropico Trattato del Domenichi, andò quindi a finire, dopo una profonda discussione circa la prioritá dei due sessi, con lo scoprire che la donna è superiore all’uomo, anzi che è la sola creatura perfettamente formata. Per cui l’uomo venne infine ad essere rinchiuso nella Mostruosa fucina del Passi, e alla donna venne tributata la palma finale, nella Vittoria del Bursati.
Ma non la passò liscia nemmeno «la nobiltá e la dignitá della donna», ché, raccogliendo la dote misogina del secolo precedente, lasciatagli nelle Invettive umanistiche e nelle infinite Malizie delle donne, il Cinquecento dapprima sussurrò qualche voce consigliante cautela e prudenza, quindi, col crescere della baldanza donnesca per le varie Difese, incominciò a polemizzare circa il famoso primato dell’uomo sulla donna, e finalmente a demolir la rivale nella sua intelligenza e nel suo sentimento, fino a che anch’essa, la tapina! andò a finir male, come l’uomo. La Disputatio periucunda (tradotta prestissimo in italiano) conchiudeva dimostrando che la donna non fa parte della specie umana!
Piú importante e notevole della produzione encomiastica e misogina è quella didascalica. Giá sulle porte del secolo decimosesto il padre Vincenzo Bologna scriveva L’operetta dello ornato delle donne, che trovava larga eco nelle operette morali, anche del primo Cinquecento, le quali culminarono col trattato «perfettissimo » del Dolce, Della instituzione delle donne (un plagio del