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del peso della moglie 363


sopporti che possa ella disporre delle cose di lui. Percioché, avendo communi i corpi e gli animi, deono ancora quelle cose communi avere, che sono di minor importanza. E cosí in questo modo, invece d’oltraggiarla, onorandola, ne seguirebbeno quei begli effetti che suol l’amore e la concordia producere. Di che cosa dunque si possono rammaricar costoro delle mogli, piú che di se medesimi, poiché, cosí nella stolta elezzione dal principio fatta come nel maltrattarle nel mezzo, sono stati essi stessi cagione di malvaggio fine? Che giova l’averne tanto sospetto e mantenerle con tanto riguardo, quasi di mariti fussero loro guardiani e paurosi tiranni divenuti? Pensano esser forse miglior custodi delle lor donne con la tanta gelosia, che elleno stesse ne siano col timor dell’infamia e col zelo del proprio onore? A che fine tenerle in tanta tirannia, che non possano disporre d’una minima cosuccia di casa, quasi fussero state comprate con l’istessa lor dote, per esser serve ai servi del marito? Per qual conto s’ha egli a bastonar la moglie, dalla quale, come diceva Catone, si deono tener le mani inviolate, non altrimente che se fusse un santissimo tempio o qualche altra cosa sacra? Anzi gli antichi, sacrificando a Giunone nuziale, toglievan via il fele della vittima e buttavanlo dietro a l’altare, non per altro che per insegnarci il matrimonio dover esser da ogni iracondia lontano. Ma che direm noi poscia di quella ingiuria, che, parendo leggieri per l’abuso del mondo, non è altro che un pestifero e mortal veleno del matrimonio? Questo è il gran torto che si fa a le mogli, quando i mariti, senza aver rispetto a la promessa fede, fanno ad altre donne copia di sè; il quale è di tanta importanza appo loro, che non sentono dispregio maggiore di questo. Avengadio che niuno sopporta d’esser privato del suo onore, nè si contenta di perder le cose sue, per qualsivoglia altra acquistarne. Ma qual cosa dee essere piú propria della donna e piú da esserle mantenuta dal marito, che una santa ed inviolata compagnia? Parmi certamente si possa dire che il marito a gran torto si lamenti della moglie, se egli stesso le ha il modo insegnato di vendicarsi dell’onta ricevuta. Per che non è da dubitare, dei disordini, che