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354 iv - il convito, overo


cittá, non impose nuova pena a chi uccidesse il padre e la madre, parendogli che ogni omicidio fusse insieme parricidio? Non è egli piú gran vergogna l’uccidere un uomo che l’aver moglie disonesta? Certo sí. Anzi chi per tal cagione incorre spontaneamente in questo fallo, colui, per fuggire un incerto biasimo, il quale in effetto non è suo, si compera a rincontro con gran rischio, cosí della robba e della vita come anche dell’anima, una certa ed indubitata vergogna. Percioché non si può fare al mondo peggior cosa che ammazzare un uomo. Chè noi non siamo come gli alberi, che, tagliati, novellamente germogliano; nè imitiamo il sole, che la sera manca e la mattina piú chiaro e bello rinasce. Anzi ben disse un poeta:

          Che, se quindi il Sol parte, fa ritorno:
     a noi, poi ch’una volta il dí ci manca,
     mai piú non si rinfranca;
     notte sen vola agli occhi nostri intorno.

Vedete, di grazia, che cosa è l’omicidio, che, se talora in sogno (quando per lo piú la razionale parte dell’uomo dorme e la ferina veglia) par altrui d’ammazzar alcuno, chi vorrá confessar il vero, dirá d’aver sentito il maggior affanno ed il maggior cordoglio del mondo. Percioché, in qualunque modo ei s’ammazzi, cosí come è miserabile chi uccide un uomo a torto, cosí non è da desiderare d’esser simile a chi l’uccide con ragione; conciosiacosaché ’l coltello non istá bene se non nelle mani della giustizia, e per tal conto è da lasciare a quelle la vendetta dell’adulterio, come degli altri escessi. E, se pur altri non volesse a l’umane leggi ricorrere e per qualche accidente non potesse, sappia di certo che la vendetta concorse in un medesimo tempo con la ingiuria. Avengadio che, oltre a la pena dell’infamia, che gliene seguí, la quale è via piú grieve che altri non estima, oltre al rimordimento della conscienza, che, a guisa dell’avoltoio di Tizio e dell’aquila di Prometeo, continuamente gli rode il core, v’è anco un’altra vendetta, da se stessa acerbissima. Percioché, essendo in peggior partito chi fa l’ingiuria che chi la riceve (in quanto chi la fa viene ad