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del peso della moglie 353


sappia l’impudicizia d’una donna, e nondimeno la si prenda per moglie: allora si può dire che colui abbi fatto cattiva elezzione, e che per ciò partecipi di vergogna. Sì come anco sará un padre, un fratello, un figliuolo, che, conoscendo, oltre la fragilitá del sesso, la cattiva natura della madre, della sorella e della figliuola, e non chiudendo loro, per quanto egli può, la via del mal operare, pare che, per la negligenzia ch’egli usa in non isforzarsi di convertir nel meglio che si può quella cattiva natura, che, non so in che modo, erri con la propria volontá, e che perciò n’acquisti biasimo. Il qual biasimo, per non dipendere in tutto daH’uomo, che vi concorre per trascuraggine e quasi non volendo, non dee però avere tanta forza appo il volgo, che, dove quel tale non si vendichi con la morte della donna e dell’adúltero, s’abbi a tenere vituperato afatto e, come altri dice «cornuto». Ma il volgo fu sempre sciocco ed ignorante maestro. Quanto sarebbe meglio imparar dai piú savi, e, rifiutando le false opinioni del volgo, attendere sempre le migliori! Ecco i legislatori, i quali tanto sapienti furono dal mondo stimati, che ciascuno giudicava le loro leggi essere dettate dagli iddii celesti, quasi i sapienti fussero interpreti d’essi iddii: non trovarete mai che per l’impudicizia della donna abbino biasimato il marito, il padre o il fratello, ma solamente lei e l’adúltero, il che manifestamente appare, per aver essi solo agli adúlteri imposto la pena. Ma, se, il volgo seguendo, arem certa credenza (senza far differenza piú d’uno che d’un altro, che n’abbia colpa o no) che l’uomo sia disonorato per l’impudicizia della donna, e che per questo sia tenuto con l’altrui morte a riacquistarsi il perduto onore, come può egli essere che noi siamo si ciechi, che non veggiamo quanto piú di vergogna n’apporti il contradir a le leggi e bruttarsi le mani ne l’uman sangue, che l’aver moglie o parente disonesta? Avvengadio che nel romper delle leggi spontaneamente concorriamo, e cosí da noi stessi eleggiamo d’essere ingiusti; dove la disonestá ed intemperanza di quella s’oppone ed attraversa a la nostra volontá. Dite, di grazia: non è egli piú gran vergogna l’omicidio? Il quale è di tanta importanza, che Romolo, fondatore di questa