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iv - il convito, overo |
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ne infingono e se le tacciono. Ma, perchè il numero di questi tali è pochissimo verso quelli che, avendole, nol sanno (i quali verisimil cosa è che sieno infiniti), si può anco dire, con buona grazia sua, ch’egli tanto meno si sia al vero appressato, quanto quelli, che l’hanno e non sanno d’averle, son in molta maggior copia che i volontari e quelli che, avendole, fanno sembiante di non saperlo. Conciosiachè qual è quell’uomo d’animo sì debole ed impotente, che almeno tanto rispetto non si faccia portar dalla moglie, che, volendo ella mettergli le corna, non s’ingegni di far in modo ch’egli nol sappia? Ma, perchè alcun di voi si sará forse meravigliato ch’io abbi detto che le corna sono piú tosto di genti marziali che di persone modeste, v’addurrò le ragioni che m’hanno a ciò mosso, le quali istimo che sieno assai a proposito di quel che appresso ho in animo di dirvi. Presupponendo dunque che la natura abbi creato l’uomo per essere superiore alla donna, e che la donna all’incontro abbi ad esser soggetta all’uomo e temere la forza e l’ira sua, dico che, quando il marito, per vile e da poco che sia, mostra alla moglie d’esser geloso del suo onore e dispiacergli le sconce cose, se ben ella di sua natura è lasciva, pur si sforza di mostrarglisi onesta. Anzi molte fiate avviene che, nel finger, benchè contra sua voglia, l’onestá della vita, viene a farsene un’altra natura, contraria a la prima. Perchè, smorzandosi in parte quel caldo della gioventú e scemandosi a poco a poco il fior della bellezza ed entrando in carico di figliuoli e governo di casa, si ritruova alfine la moglie casta ed il marito senza corna. Quando, a rincontro, l’uomo, o per troppa fiducia ed amor di se stesso, o per ispenseraggine o altra causa, lascia la briglia sul collo a la donna nè vuol prendere egli cura delle sue cose, ella verrá di mano in mano ad acquistarsi e prescriversi una certa licenzia e libertá, che si fa a credere non esser cosa nel mondo che lecita non le sia. Per la qual cosa, avendo ella in mano il governo di se stessa, in tanto si lascia al disordinato appetito trasportare, che, senza piú d’onore o di vergogna curare, ad altro non attende che a trarsi e saziare tutte le sue voglie, essendo vera quella sentenza che «a chi è lecito piú del dovere, trascorre