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314 iv - il convito, overo

notte, ci disse il vescovo che, per onor della festa, la mattina seguente, che fu ieri, voleva ch’andassimo a desinar seco nel giardin del Ghigi, ma ch’ognun di noi potesse menar seco un compagno, tra i quali voleva che fusse il Selvago. E, questo tra noi conchiuso, ci dipartimmo. Venuta dunque la mattina seguente, dopo finite certe facenduzze, fatta elezione di messer Giovan Cesario cosentino, ce ne andammo egli ed io al predetto luogo, dove trovammo messer Iacomo Marmitta col Selvago, e, quasi in un medesimo tempo, v’entrò messer Trifone ed il Raineri. Accoppiatici dunque tutti insieme, incominciammo a salutarci e far festa tra noi, aspettando monsignor di Piacenza, che tornasse da cappella. Ma, finite le cerimonie e l’accoglienze. le quali, per dire il vero, fúr assai poche, non usandosi molto ira galantuomini, mentre s’attendeva il detto monsignore e l’ora del desinare, ci demmo, sparsi per lo giardino, a dispensare il tempo chi in recitar un sonetto, chi in raccontar una istoria, altri in mostrar qualche bel semplice e dirne la sua virtú, e chi in una cosa e chi in un’altra, ciascuno secondo l’umore e profession sua. Ma, appressandosi omai l’ora, e giá tutti insieme sotto la bella loggia di Psiche ridottici, fu il primo messer Iacomo Marmitta a proporre che sarebbe ottima cosa il crear un re per quel giorno, acciochè, ad imitazione degli antichi, cosí nel convito come nell’altre azzioni di quel giorno, aves simo un capo che ci reggesse. A la qual cosa concorrendo il parer di tutti, fu conchiuso che il vescovo di Piacenza fusse quello. Nè molto dopo il vedemmo venire. Andandolo dunque tutti insieme ad incontrare, il salutammo, e, come a re nostro fattagli riverenza, gli baciammo la mano. Egli, che giá s’era accorto del nostro pensiero: — Ed io — rispose — volentieri accetto tal peso, poichè ciascun di voi concorre a darlomi. Fate però conto d’esser tutti obedienti, perchè il bello e buono essere d’un regno consiste, come voi sapete, nella obedienza. — Anzi — rispose tosto il Selvago — nella giustizia, dalla quale dipende l’obedienza. E per questo disponetevi voi dal canto vostro d’esser giusto re, chè noi dal nostro saremo obedienti vassalli. — Sará adunque buono — disse il re — ch’io vi dia alcune leggi; alle