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26 | i - dialogo |
poco, e non mi par che per niente una gentildonna abbia a dipingersi in cotal modo.
Margarita. De le stuffe che ne dite?
Raffaella. Stuffe d’ogni sorte, o sieno fatte di vetri, o penne di gallina, o gusci di uova, o simili bruttezze, non voglio che una gentildonna usi per niente. Perchè, se ben fanno belle carni, e’ guastan poi i denti e la vista, corrompono il fiato e la sanitá.
Raffaella. Mi fate sovenire de la Bambagiuola, che non gli è rimasto giá dente che buon sia, e non passa pur anco vintidue anni.
Raffaella. Da questi essempi impara tu. E tanto piú, che la bellezza e bianchezza de’ denti porta gran grazia a una donna, ed io ti voglio insegnare un giorno alcuna buona polvere da mantenergli.
Margarita. L’arò molto cara, perchè poche intendo che se ne trovan de le perfette.
Raffaella. Le mani, Margarita, come te le curi? Imperochè la bellezza de le mani è molto stimata in una giovine.
Margarita.Io uso di pigliare un limone e, fattolo venire in succhio, l’accosto al fuoco, e dentro vi metto zuccaro candido, e con esso mi spuro.
Raffaella. Cosí costuman quasi tutte le donne, ed in vero sarebbe buono, se non facesse col tempo pigliar vizo a le mani. Ma io ti voglio insegnare una cosa eccellentissima e facile. Piglia senape, sottilmente passata, e mèle e mandole amare mescolate insieme, tanto che venghino a modo di lattovaro; e di questo impániati le mani la sera, e metti guanti di camoscio, che sieno stretti piú che si può, e la mattina poi ti lava con acqua di coppo e con un poco d’oglio di belgui, e vedrai cosa che ti piacerá.
Margarita. Inanzi che sien duo giorni ne vuo’ far la prova.
Raffaella. Orsú, tu hai d’avertir, Margarita, sopra il tutto di non far come molte ch’io conosco, e massime madonna Brigida, le quali non hanno cura di custodir se non il viso ed una parte del petto, quella a punto che si vede; del resto poi vada come vuole! Del che ne nasce che le stanno de la persona loro lorde, schiffe e mal delicate.