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iii - il libro della bella donna |
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in averlo chiamato pidocchioso, ma perseverava in tale villania, prese una fune e, legata con essa la moglie al traverso, come vi si legano le some, a suo malgrado giú per un pozzo calolla; e, non venendosi ella perciò a pentire, ma pure, all’usanza, stando ostinata e salda nel suo proposito, fece che ’l marito la mise giú infino alla bocca, e cosí pian piano, non giovandole ciò un punto, infino sovra la testa. Il perché, non potendo essa parlare e chiamarlo pidocchioso ancora, come n’aveva voglia e sommamente desiderava, incominciò (oh ostinazione singolare ed a niuna altra seconda!) a urtare l’unghie una contra l’altra, in quella guisa che ci è dato a vedere i forfanti fare, qualora (il che sia con vostra riverenza detto) i lividi o negri, che vogliamo dire, soldati pugliesi, o fiaminghi, s’hanno il filo della schiena nero, o levantini, se sono del tutto bianchi, o quali portarono giá i primi fondatori dell’ordine minore, se sono d’uno schietto e vero bigio, vengono loro in mano ed in pugno, frettolosi di farneli andare alla morte. — Non poteron tenere qui le risa i gentiluomini, sí per la novelletta, in sè pur bella, sí anco perché nel fine vi si mostrò un poco anzi sfacciato che no il signor Ladislao. Il quale, poscia che anch’egli con loro ebbe riso alquanto, si rimise a dire: — Non superba, non malèdica, non chiacchieriera, non accusatrice sará la donna nostra. Superba non sará, percioché cosa niuna è di questa vie piú odiosa e nemica e spiacente al magno Iddio, il quale l’angelo, da lui creato piú bello, volle che fusse per ciò relegato in parte oscura e cava, senza mai potere piú su ritornare, onde co’ suoi maligni e perversi seguaci con perpetuo scorno venne a cadere giú. La superbia è un principio, è un fonte onde i ruscelli di ogni peccato spicciano, ed un ceppo onde i rami, cioè i delitti di ciascheduna sorte, germogliano. E per lei Nabuccodonosor, qual bue, sette anni andò pascendosi d’erba e di fieno, e quinci e quindi errando come selvatica bestia ed animale irrazionale. Oimè! ch’io non so quale che sia quella cosa, per lo cui mezo noi ci insuperbiamo. Io non la trovo, s’io bene la cerco; se forse non fusse questa (ah, infelici e stolti noi!) che siamo terra e cenere, oppressi dal fascio di mille peccati, soggetti a morire, esposti a mille sventure, miseri, come disse